11 settembre 2009

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9 settembre 2009

Incontro con Mariella Venditti: crisi, soluzioni e speranze del giornalismo

Intervista Mariella Venditti

Mariella Venditti, la giornalista del tg3, ci parla della crisi del giornalismo.

I problemi nella formazione alla professione, il rapporto con le fonti e l'autocensura. La soluzione, forse, sono vecchi valori e nuovi media. E si chiude con una nota di speranza...nei giovani d'oggi!

Guarda il contributo integrale.

di Laura Viviani, Lorenzo Boscato, Elio Carlos Mendoza Garofani

Perché il giornalismo sta attraversando un periodo così difficile? Come mai la qualità professionale non viene riconosciuta? In che modo noi aspiranti “nuovi professionisti dell’informazione” possiamo cambiare le cose? Sono domande che sempre più spesso ci balenano in testa quando siamo a lezione, leggiamo un giornale, guardiamo “Porta a porta” e soprattutto quando confrontiamo il livello di libertà e di qualità informativa dei nostri “vicini” europei.

Sì, è vero, il crollo delle borse mondiali è stato dirompente e il relativo risalto mediatico è riuscito ad innescare un meccanismo di ansia e preoccupazione senza eguali. Ma in Italia il giornalismo non se la passa bene già da diversi anni. Le ragioni sono tante, forse troppe per elencarle, ma comunque non riconducibili solo alla crisi economica.

Mariella Venditti, al tg3 dal 1993, è una giornalista tosta, diventata famosa negli ultimi anni per le sue querelle con Silvio Berlusconi, al quale non risparmia quelle domandine scomode che gli fanno perdere le staffe. Schietta e alla mano si presta volentieri a fare quattro chiacchiere con noi.

Anche il giornalismo è caduto nella trappola dei soldi facili e dell’apparire a tutti costi, trasformando i suoi professionisti in personaggi da copertina, in starlet che mettono in primo piano la loro faccia e la loro opinione a discapito della vera protagonista: la notizia. Ed è così che l’essenza del giornalismo viene meno. Sparisce l’inchiesta, il metodo d’investigazione per eccellenza per scovare le notizie. Troppo dispendiosa, troppo lunga e persino troppo pericolosa. A portata di “click” si possono avere le più prestigiose agenzie di stampa che vendono i pezzi già impacchettati, perché non sfruttarle? Niente di male, a meno che non il giornalismo non diventi solo riportare le notizie delle agenzie. O altrimenti è chiaro che non ha futuro.

La situazione italiana è del tutto peculiare e più grave, perché l’impoverimento non è solo economico ma culturale. È la mancanza di valori che danneggia il giornalismo. Basta una parola, autocensura, per illuminare il degrado etico e processionale in cui versa il nostro sistema mediatico. Il legame endemico che lega il giornalismo italiano a qualsiasi forma di potere (economico, politico, religioso etc.) ha spinto i cronisti a limitare preventivamente il proprio lavoro, per paura, per vigliaccheria e per comodità. E' l' appiattimento del pensiero critico che rispecchia il nostro paese oggi. L’Italia deve riscoprire il valore all’onestà, dell’impegno e dell'etica. Solo così si può sperare in una ripresa.

Un consiglio per noi studenti? Fare pratica. Secondo la Venditti lo studio non è la via d’accesso per diventare un giornalista. L’esperienza sul campo è infatti il percorso da intraprendere. Andare in giro, ascoltare gli umori della gente, chiedere di persona ai diretti interessati. È questa la dimensione del giornalismo che si è persa e che dovremo essere in grado di recuperare, e di integrare con i nuovi sistemi informativi.